NON MOLLEREMO MAI
di Gabriele D'Annunzio
La notizia del cambio
relativo alle cariche societarie ha spostato, negli ultimi giorni, l’attenzione
dal campo alle scrivanie: Pasquale Foti non è più il presidente della Reggina
Calcio s.p.a. , la notizia è importante perché adesso dovrà essere chiamato
“patron”, azionista di maggioranza, sicuramente non presidente. Cosa significhi
questo avvicendamento sarà il tempo a chiarirlo, si tratta pur sempre di una
società privata che, nell’espressione assembleare dei suoi soci, avrà trovato
valide ragioni per queste nomine.
Sicuramente qualcosa porterà, gli scenari sono aperti, determinate
scelte solitamente sono propedeutiche ad operazioni straordinarie.
In realtà le vicende
societarie avevano preso spazio al campo
già da tempo, infatti si è letto poco su temi calcistici, tra i quali, ad esempio, le riapparizioni di
alcuni elementi (Strasser, Rigoni) o addirittura l’apparizione di chi non aveva
giocato neanche un minuto (Falco). Dal
dopo Atzori si era preferito, per certo versi, seguire la moda del momento ed
occuparsi della struttura societaria, legittimamente ma dopo un silenzio-assenso
durato stranamente anni. La critica dei più ruota principalmente attorno alla
figura di un Direttore Sportivo competente, che sappia dirigere chi va in campo,
l’attività di scouting e chi allena, dando ormai per scontata la non
corrispondenza del ruolo con le funzioni svolte da Giacchetta.
Nei casi
migliori si è assistito a piacevoli lezioni di economia aziendale, applicata ad
una società calcistica, che ci saremmo aspettati nei tempi delle vacche grasse,
non oggi quando nella stalla è rimasta solo la paglia (forse). Il presidente ha
gestito anni importanti, dove ha fatto tanto e sbagliato altrettanto, quelli
belli sono coincisi sempre con una figura adeguata in panchina. Se proprio si deve contestare qualcosa di
quest’anno è la scelta iniziale, alla luce delle distanze concettuali e
programmatiche che ora sono emerse. Uno della sua esperienza non poteva prendere
un allenatore che non condivideva, a torto o a ragione lo vedremo in seguito,
l’obiettivo societario.
Ci sono esempi lampanti di allenatori-manager che
mettono la società in buona luce. In
serie A c'è una squadra, il Verona, che è quarto in classifica, ed è da quattro
anni che vince. Avevano un DS dal 2010, Gibellini, praticamente in conflitto perenne con Mandorlini
(antipatico e tutto ciò che vogliamo, ma bravo) al punto che nel 2012 è andato
via. Mandorlini è ancora lì, hanno un nuovo DS, Sogliano, dal 2012, ed il
Verona continua la sua scalata. Il merito di questi quattro anni è di un DS
come Gibellini "emarginato"
(quindi trattato come un problema) da Mandorlini o del nuovo, che lo
scorso anno è arrivato con un progetto in corso e che ha ottenuto la
promozione come conseguenza di un percorso
creato prima dall'allenatore? Nessuno dei due, il merito è del tecnico.
Ci sono
certamente modelli societari dove le scelte sono condivise da un management
sportivo, però esistono anche situazioni vincenti che hanno proprio nella
figura dell’allenatore l’asse portante di tutta la gestione sportiva, altro
esempio è Ventura al Torino. Basta azzeccare la scelta, come nel 2004, perché anche
nel 2013 può funzionare. La ricerca di quella figura allenatore-manager finora
è fallita, senza entrare nello specifico, sia col maturo (Novellino) che con i
giovani (Dionigi e Atzori), però non è
sbagliata la ricerca di quella soluzione ma, appunto, semplicemente la scelta. Lasciare
andare via Pillon, per poi richiamarlo dopo l’esonero di Atzori, significa aver
commesso due, non uno, errori: 1) non riconfermarlo; 2) preso uno, in estate,
che non era migliore di lui. Eppure lo avevamo scritto già alla fine dello
scorso torneo ma purtroppo ci è cascato!
Adesso ci pare di aver ritrovato un
pizzico della vecchia Reggina, cioè, quella società che interveniva anche contro il parere della stampa (vedi
Atzori). Appena arrivato, il nuovo tecnico, si è rammaricato della contemporanea
assenza dei laterali; le sue parole sono state: “tolgo un difensore ed aggiungo
un uomo più avanti”: significa che i cinque diventano quattro, o se preferite,
dei tre ne rimangono due. Il sistema di
gioco è cambiato, la nuova disposizione in campo è il punto di partenza per la
costruzione di un assetto più solido, con
lo sviluppo di intensità, innanzitutto nella prestazione difensiva e
progressivamente della manovra. Il problema è che Castori è partito veramente
dai fondamentali, da una squadra illogicamente lunga e larga che non
apparteneva ai concetti moderni e che quindi da
rifondare con nozioni elementari.
Il suo inizio è stato caratterizzato
dall’assenza dei laterali, fuori per infortunio, ma questa circostanza non l’ha
posto al riparo da una critica spietata, che se può essere giustificata quando
proveniente dal tifoso (irrazionale per natura), non è credibile quando è fatta
dagli addetti ai lavori, a maggior ragione vale nei confronti di coloro che
hanno sostenuto la precedente gestione. Castori ha trovato la squadra depressa
e mal disposta in campo, da lì è dovuto partire. E’ inutile parlare di numeri
quando siamo ancora all’abc, si dovrebbe avere la pazienza di aspettare almeno
la pausa di gennaio per fare alcuni bilanci.
I cali denotati nei secondi tempi forse
non sono solo frutto di apatia e poca tensione della squadra nella nuova
gestione. Sembra che si stia intervenendo sul fattore atletico, dato per
scontato prima dell’esordio. Il campo, sia contro il Pescara che a Latina, ha
raccontato che l’ordine e la disciplina tattica sono scemate nella ripresa. La
condizione psicologica è pessima, visti i risultati, pertanto rielaborare in
maniera completa tale condizione psico-fisica, in ritiro, appare una scelta
corretta e supportata da quanto si è visto.
L’organico lo riteniamo ancora valido, non sono le partite perse a farci
cambiare idea. Si è partiti con l’handicap, è difficile persino sostenerla
questa tesi, troppo facile il pessimismo e la rassegnazione, siamo cocciuti e
non molliamo!
Per il futuro siamo moderatamente fiduciosi, in questa valle di
lacrime, composta sicuramente da tanti tifosi che giustamente si sentono
traditi ma anche da chi è nostalgico dell’amico da portare in giro per
acquisire credibilità commerciale e da chi ha improvvisamente ritrovato una
verve polemica dimenticata in passato. L’ambiente è delicato, siamo più o meno
come in estate del 2006, quando ancora ci ritrovammo a difendere una società in
difficoltà, che per il resto abbiamo sempre discusso, per assetto, scelte e
comportamenti.
Come allora, i problemi ce li siamo creati da soli; come allora non
ce la siamo sentita di fare gli avvoltoi. A chi è a terra porgiamo la mano, non
i calci in faccia! Adesso, come allora è
facile dissociarsi, prendere le distanze. Noi ci stiamo dentro, dalla parte di
chi è sotto critica feroce, lo facciamo per convinzioni calcistiche e valori
morali. Ci mettiamo i pensieri e la
credibilità, così come abbiamo fatto quando è stato scelto Atzori, andando
contro il dire comune. Sarà che abbiamo
visto qualche spiraglio di luce dentro e fuori dal campo, sarà che
semplicemente non ci vogliamo rovinare il centenario, sarà quel che sarà … noi
con ottimismo guardiamo avanti. Forza Reggina!
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